Le frasi sulla maternità che non sopporto, vol. 3

Negli ultimi giorni ho raccolto su vari canali virtuali risposte alla seguente domanda:
”Quali sono le prime parole che vi vengono in mente quando pensate a voi prima di diventare genitori?”.
È stato estremamente interessante rilevare che il tema che è emerso in modo preponderante è quello della stanchezza. Non ci sorprende, ovviamente, constatare che dopo l’arrivo di un figlio la stanchezza aumenti molto rispetto a prima, ed è stato bello ricevere tutte queste testimonianze sincere di madri che ammettono con naturalezza di essere stanche, senza che questo tolga nulla alla felicità di avere figli.
Il dato che mi ha fatto più riflettere, però, è stato evidenziare come molt* di noi (uso il “noi” proprio perché anch’io ho scoperto in me questa sensazione), di fatto, non si ricordino cosa ci fosse di stancante nella vita di prima. Questo è assolutamente normale e anche comprensibile: non si tratta di un giudizio di merito sulla nostra “vita precedente” senza figli, quanto di un riconoscere che l’avvenimento “maternità” ha portato una cesura nella nostra esistenza, tale che tutto ciò che si trova al di là di quello spartiacque comincia a sembrarci nebuloso, indistinto (e non succede solo con la maternità!): per me è stato molto interessante riconoscermi in questo sentire, pur sapendo, razionalmente, che prima di diventare madre ero stanca, stanchissima, molte volte perfino più stanca perché buttavo via il mio tempo in attività inutili e frustranti.

In secondo luogo, e in modo indipendente dalle testimonianze di cui sopra, questa per me è stata anche l’occasione per iniziare una discussione con le amiche che non hanno figli, sempre a tema stanchezza. Molto spesso chi non ha figli si sente delegittimato e sminuito quando esprime questa o quell’angoscia del momento, sentendosi dare, come risposta: “Ma come, e quando avrai figli come farai?”, come se la vita di un genitore fosse l’unica a poter rivendicare una patente di completezza. Anche perché, lo sappiamo, in un mondo che si nutre di una visione competitiva della vita e che eleva il sacrificio fine a sé stesso a valore fondante, solo chi risponde a determinate categorie può esibire la propria stanchezza come una medaglia al merito (e questo cambia a seconda degli interlocutori: avete presente il manager che parla solo di quanto lavora e che si vanta di fare 1000 ore di straordinario? Ecco, è un ottimo esempio).

Ho voluto quindi provare a riassumere in un pippone illustrato quello che penso al riguardo e quello che auspico possa succedere per ridurre la polarizzazione tra il mondo childfree e il mondo genitoriale: tutto questo per dire che, se ci poniamo in ascolto dell’altro, della sua stanchezza, delle sue frustrazioni, e accogliamo il suo racconto come una mera esperienza personale e non un tentativo di screditare tutto quello che è altro dalla propria esperienza, possiamo rimuovere tanti fraintendimenti e tensioni che portano a creare un netto spartiacque tra chi ha figli e chi non li ha - e oggettivamente, in un mondo polarizzato come il nostro, non mi sembra una cosa da poco.